Baby gang: un fenomeno in aumento in una “società liquida”
Con il termine “baby gang” s’intende un fenomeno di microcriminalità organizzata diffuso in contesti urbani, dove i minori assumono condotte devianti, compiendo reati di diversa natura.
“Stai lontano dalle cattive compagnie, se non vuoi finire su una brutta strada!”: nell’ambito della sociologia della devianza, questa espressione di senso comune si riferisce al fatto che l’affiliazione ad gruppo deviante porterebbe il soggetto, che è in contatto con gruppi di natura deviante ed antisociale, ad assorbirne la cultura e i comportamenti e, quindi, a riprodurre le condotte devianti compiute dai membri del gruppo sociale.
La gang, come social problem, venne affrontata, nei primi decenni del XX secolo, dalla Scuola dell’ecologia sociale urbana, nota come “Scuola di Chicago”, che è stata la prima Scuola di sociologia urbana negli Stati Uniti d’America. I primi studiosi ad occuparsi del fenomeno delle “bande giovanili” furono i sociologi della “Scuola Chicago”: temi come la marginalità sociale, la delinquenza giovanile e la prostituzione divennero aspetti d’interesse per la “Scuola di Chicago”, che si proponeva di osservare ed analizzare la “realtà urbana”.
Tanti giovani ricercatori si sparpagliarono per i quartieri di Chicago, che diventò un vero e proprio “laboratorio sociale”, per raccogliere dati sulla composizione sociale della città, sull’interazione dei gruppi, sulla vita urbana e le sue trasformazioni, utilizzando i metodi di ricerca dell’osservazione partecipante e dell’intervista qualitativa.
Naturalmente, le dinamiche di devianza giovanile, già evidenti nell’epoca in cui operarono i ricercatori della “Scuola di Chicago”, risultano ancora più impattanti nella società contemporanea, dove l’avvento dei mass media e dei social media ha reso esponenziale i fenomeni di violenza, attraverso la “materializzazione virtuale” delle “tribù giovanili” che operano in rete e che usano, molto spesso, i veicoli di comunicazione telematica in modo distorto, amplificando la pericolosità dei conflitti sociali che si propagano molto più velocemente rispetto alle dinamiche analogico-comunicazionali di alcuni decenni fa: bullismo online, estorsioni via social, revenge porn, violenze psicologiche attraverso le reti internet e altri preoccupanti fenomeni legati alla sfera sessuale che riguardano in modo drammatico i minori, fanno presto ad uscire dalle “autostrade telematiche” per proiettarsi nelle arterie periferiche, suburbane e nelle piazze delle nostre città.
Le baby gang si scagliano contro soggetti deboli, quali possono essere dei coetanei vulnerabili, gli anziani o i disabili. Le gang giovanili agiscono in branco e i reati commessi concernono lo spaccio di sostanze stupefacenti, atti di bullismo e vandalismo, aggressioni, rapine e furti.
Perché i minori si aggregano per commettere reati ed adottano uno stile di vita deviante?
La difficoltà di accedere alle mete prefissate, lo svilupparsi di modelli e culture devianti, l’instabilità della vita familiare, il disagio sociale, la scarsa fiducia in sé rappresentano solo alcune delle ragioni che possono spingere i giovani ad aggregarsi in gang.
Simona Di Lucia.
C’è la necessità, da parte dello Stato e dei cittadini più responsabili, che di creare un welfare sociale specifico per le problematiche giovanili. Cara Simona, hai scritto un articolo molto importante ed interessante.
Brava ottimo