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Storie d’Amore e di Amicizia: La signorina e l’amore di Giovanna Mozzillo

Ci sono incontri letterari che ti segnano, ti aprono gli antri reconditi dei ricordi, ti fanno rivivere emozioni sopite attraverso una parola, una frase, l’atmosfera di un tempo “che fu”, sapientemente ricreata con maestria narrativa: “La signorina e l’amore” di Giovanna Mozzillo ha rappresentato tutto questo.


Non lasciatevi fuorviare dal titolo: questo romanzo racconta sì l’amore, ma quell’Amore all’ennesima potenza, declinato nelle sue infinite sfaccettature: è l’amore filiale, che lega la protagonista al padre; l’amore tra amiche, che travalicherà gli spazi e i tempi dell’adolescenza; l’amore per la città, con i suoi riti e le sue vedute; l’amore per la musica, le feste, lo “struscio”…
Storie di vita, di sogni e ambizioni, di legami e di compromessi che si estendono lungo un arco temporale che va dal 1925 al 1942. Sullo sfondo una Napoli bella e in trasformazione, con i suoi teatri, le sue ville, la nuova toponomastica.
“Allora il mondo non andava meglio di oggi. Nient’affatto. Chi dice questo è un impostore. Anzi, erano tempi duri, duri e volgari. E una cappa greve opprimeva gli spiriti liberi. Gli spiriti liberi non riuscivano a respirare. Ma Napoli era bella, questo sì, questo è innegabile. La sua bellezza era intatta, assoluta, sublime. Lasciava senza fiato. Era un miracolo. Era un miracolo quando a mezzogiorno suonavano a distesa le campane – Napoli ha cento chiese – e udivate i rintocchi – così limpidi, così netti – dipanarsi e salire verso il cielo. Il cielo era una gloria abbacinante, e pareva alitasse sulle colline. Che inviolate, segrete, fitte di promesse, se ne stavano al sole e si beavano. […] Ma il guaio è che la bellezza – lo sanno tutti – la bellezza è una primadonna. Da che mondo è mondo, è insensibile, egoista, strafottente. […] E quindi Napoli, bella da impazzire, non per questo era immune dal dolore. Il dolore si infiltrava nei suoi pori, si incuneava nelle sue fibre, si annidava mordace nelle sue viscere”.


Romanzo storico che racconta il “come eravamo”, per riprendere un’espressione cara all’autrice, “La signorina e l’amore” vede la giovanissima Rosella, da insicura e vulnerabile, trasformarsi in una coraggiosa e tenace donna, pronta a sfidare l’ipocrisia e le convenzioni dell’epoca pur di vivere il suo intenso, unico e appassionato amore per Leonardo.
A Rosella si contrappone la sorella Teresa, sicura di sé, determinata, pronta a lottare per realizzare le sue ambizioni, per difendere i suoi diritti di donna. Teresa, che, attenta e vigile, con la sua mente analitica, novella Cassandra, prevede il dramma della guerra imminente e della barbarie delle leggi razziali e prova a scuotere le coscienze di tutti quelli che la circondano.


Leggiamo, in quarta di copertina, le parole di Raffaele La Capria: “Nel narrare di un amore proibito ma irrinunciabile nella Napoli del fascismo e della guerra, questo romanzo sa offrirci un ritratto, dolente o ammiccante, ma sempre verissimo, dell’epoca in cui la borghesia, benché arroccata nei propri privilegi, indulgeva senza remore al sentimentalismo delle canzoni del tenore Tito Schipa. Un libro in grado di riscattare quella carenza di “narrativa borghese” che caratterizza la letteratura partenopea”.
Nonostante in questo romanzo amore e morte, vita e dolore si intrecciano creando un filo che annoda e addensa le singole pagine, la visione che ne emerge è ottimista. La protagonista, nonostante tutto, rimarrà fino alla fine fedele ad una convinzione: la vita è un portento, un portento ineffabile da vivere di slancio, aderendovi con pienezza e ringraziando chi ce ne ha fatto dono. E’ questa convinzione, pulsante e vibrante in ogni pagina, è quella dell’autrice, scrittrice pregevole, donna empatica, colta, di una simpatia travolgente, che ha il dono della parola.
“La signorina e l’amore”: 347 pagine dense, delicate, pregne di vita e di atmosfere.

Annamaria Petolicchio

 

 

 

 

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