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Titina Janni, la poetessa cilentana che cantava il popolo

Proprio in questo giorno, il 22 marzo 1930, nasceva, a Castellabate, Titina Janni, poetessa molto conosciuta ed apprezzata per il modo in cui ha saputo raccontare, attraverso la poesia dialettale, la storia, o meglio, le storie della sua terra, la vita della gente comune e la sua quotidianità, scandita da abitudini e ritmi consueti.
Una poesia appassionata che ha attraversato il tempo e lo spazio, quella di Titina Janni, dalle cui parole traspaiono sentimenti di vicinanza, affetto e un amore viscerale per la sua comunità, di cui ha cantato tradizioni, usanze, festività, riti, mestieri e aneddoti con una musicalità dialettale che è sempre la più bella colonna sonora per rievocarne i ricordi del cuore.
Nel corso degli anni ha scritto diverse raccolte di poesie, tra cui ricordiamo: “ ‘A marina na’ vòta”, “ ‘A gente nostra”, “Rosario Cilentano”, “Statti ccu nnui”, “Addore re mari”, “Te lasso ‘u core”, per le quali ha ottenuto molti riconoscimenti a livello locale e regionale.

Titina Janni amava il Cilento, a cui ha dedicato versi bellissimi per esprimere il sentimento di appartenenza a un territorio di cui non ha mancato di sottolineare, attraverso la sua penna raffinata e suggestiva, la cultura e le tradizioni, gli usi e le credenze, le bellezze naturali e i paesaggi incantevoli, difficili da dimenticare anche quando si è costretti a lasciare la propria terra.

Na cultura re leggenda e tradizioni
Storie belle e ricche r’emozione
Ngè so poeti pitturi e santi
Re sta terra se vantano tutti quanti

Terra re bellezza e simpatia
Ca nascette Patrimo e puro io
Si u Restìno te sbentola lontano
Addò vai vai te sienti cilentana

Ma, soprattutto, Titina amava Castellabate, il luogo in cui è nata e cresciuta e che non ha potuto vivere quotidianamente per motivi lavorativi, come accade oggi a molte persone, giovani e meno giovani, che devono abbandonare il proprio luogo natio per cercare opportunità di vita altrove.

U paese mio è u chiù bello re sta terra
Zappìni fringi mare sembe azzurro
U sole re luglio spacca i prete
Chi se ne và ngè torna nata vota

Riferendosi a’ Marina, a Santa Maria di Castellabate, al mare e alle ultime luci che il tramonto riflette sulle case, scriveva:

I case pareno alluminate
Ogni barcone na luci appicciata
I barche ca vano a vie ri fore
Parono tutte càreche r’oro

Quanno mette u sole a Marina
È nu quatro nà cartullina
Si a manni senza parole
Rece tutto stà mesa re sole

Ogni angolo, via, strada o piazza trova un posto nelle sue poesie e le descrive così come le ha attraversate e vissute, con quel tono di nostalgia e di sincera ironia che le contraddistinguono.
Le rime di Titina Janni racchiudono scene di vita quotidiana, vissuta in un contesto di povertà, ma che mettevano al centro rapporti umani fondati sulla solidarietà tra le persone.
È una poesia che si può “vedere” e “immaginare”, come se quei versi fossero dei dipinti su carta, o piccole rappresentazioni teatrali che si animano e proiettano nella mente di chi legge immagini, suoni, odori e sensazioni che sopravvivono nella memoria soprattutto delle generazioni precedenti alla nostra ma che, nonostante i tempi siano cambiati, possiamo ancora ritrovare nelle cose che ci circondano.
La sua poesia si può considerare una vera e propria forma d’arte, e Titina Janni un’artista che dipinge con le parole storie di vita vissuta in cui ognuno si può rispecchiare e può ritrovare le proprie esperienze.

Titina descrive gli usi e le abitudini della gente comune, compone piccoli “ritratti” di vita quotidiana che sono rimasti nelle sua mente come dolci ricordi.

Tutt’e famiglie quann’era a sera
S’auniano attuorno a vrasèra
Si facia friddo a vernata
Chera vrasera stia sembe appicciata

Chi filava chi facia maglie
Chi sciosciava u fuoco c’u ventaglio
Cu no tuzzone pigliava a muniglia
Attuorno a vrasera era tutta a famiglia

Ci racconta anche i giochi che un tempo intrattenevano bambini e bambine soprattutto fuori casa.

Miezz’a via come rivi na peràta
Virivi nà sittimana addisignata
C’u gesso ianco o nu cravone
Zombavano tutti zorie e guagliuni

E le tradizioni nei giorni di festa, come quella della Pasquetta, che i ragazzi e le ragazze di Castellabate usavano trascorrere in compagnia a Punta Tresino portando i piatti tipici della tradizione.

Portavano ngapo u cofenieddo
C’a miscimisciolla e u vicciddo
Sotta na cerca o miezz’a aulive
Addò se fermavano che allegria

U mesale nderra schicato
Tuorno tuorno tutti assettati
Pizze chiene o panettone
A l’aria aperta come sapia buono

In alcune poesie, Titina Janni ricorda gli anni della Seconda guerra mondiale, l’Italia occupata dai nazisti, i bombardamenti e le ripercussioni che il conflitto ebbe sulla vita della popolazione in un piccolo paese del Sud e su un tessuto sociale già provato dalla povertà.

I razzi carìano tuorno tuorno
Alluminavano ca paria iuorno
A gente scappava miezz’a via
Ra paura alluccava e changia

Accomenzaro i male patenze
Senza sòrdi e senza crerenza
Nisciuno mulino macenava grano
I potèie nò binniano pasta e pane

E otto e settembre ch’i tedeschi nemici
Nò tenemmo mango nu vasetto r’alici
Carduni cecorie e monestra re terra
Chesto ne mangiammo quando ng’era a guerra

Queste parole risuonano familiari in questo periodo storico in cui sono tanti i conflitti in corso in tutto il mondo che costringono le persone a scappare dalle bombe e a rifugiarsi nei luoghi vicini più sicuri. La guerra produce violenza, morte, devastazione, dolore e sofferenza. Ce lo insegnano i libri di storia e le esperienze di vita di chi l’ha vissuta – e la vive – in prima persona, parole ed esperienze che dovrebbero entrare a far parte della memoria collettiva affinché la pace non sia un vuoto esercizio di retorica ma l’unica via percorribile per mettere fine a tutte le guerre.

Le poesie di Titina Janni sono frammenti di storie di vita in cui si rievoca un passato che ritorna prepotente nel presente, e fanno sorridere, ricordare, pensare, perché quando la poesia ha come protagonista l’umanità, essa diventa un canto universale d’amore.

 

*Le poesie citate sono contenute nei libri “ ‘A marina na vòta” e “ ‘A gente nostra”

Claudia Alfano.

 

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Una risposta

  1. gennaro ha detto:

    grazie

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