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“Per valles et confragrosa loca”: archeologia dei paesaggi e paesaggio centuriato

Caggiano- Stele funeraria

C’è stato un momento, nella mia esperienza di archeologo, in cui il rapporto tra l’uomo e l’ambiente ha assunto un’evidenza così forte da cambiare profondamente il mio modo di pensare e progettare l’intervento archeologico. Durante lo scavo di un monumento funerario, nel territorio del Comune di Caggiano, tra gli strati di alluvioni e frane della montagna che incombe su di esso, venne alla luce un’olla contenente le ossa combuste di una bambina. Poco distante da questa, su una lapide spezzata e riversa sul terreno, un’iscrizione raccontava l’immensa tragedia di una madre che aveva dovuto seppellire tutti insieme i suoi nati. Da quel momento Agatemero, Lucano, Cisso, Izmirna, sottratti tutti insieme alla vita, non furono più solo nomi incisi su una pietra, ma testimoni del profondo legame tra l’uomo e l’ambiente in cui vive.

Da questa forte suggestione e dalla bellezza di un paesaggio fortemente segnato dalla storia non solo prese forma l’idea del parco diffuso dell’antica Volcei, già presente in nuce nei progetti di scavo e valorizzazione fino ad allora condotti, ma da quel momento i segni e gli indizi delle presenze umane nell’area cominciarono a prendere il loro posto nel complesso mosaico di ambiente e paesaggio in cui l’elemento archeologico giocava i ruoli più diversi, a volte conseguenza della forma fisica del territorio e a volte matrice dell’aspetto attuale. Le tante realtà archeologiche presenti sono divenute un sistema di segni, lettere di un alfabeto, le cui diverse combinazioni raccontano la storia e le piccole storie degli uomini che hanno vissuto per secoli sotto lo stesso cielo.

La conoscenza storico- archeologica della stretta interrelazione tra uomo e ambiente non è solo la base della comprensione delle dinamiche di occupazione del territorio e dei fenomeni di continuità e trasformazione che investono determinate aree nel tempo, ma anche uno degli approcci alla lettura delle relazioni complesse che determinano la percezione del paesaggio inteso come “una determinata parte del territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (Convenzione Europea per il paesaggio).

Il paesaggio determinato dall’insediamento umano è infatti non è solo l’insieme dello spazio fisico con cui l’uomo entra in contatto e dello spazio dell’abitare, definito attraverso azioni di adattamento dell’ambiente, ma è anche il luogo, cognitivo e simbolico, dove si concentrano le esperienze, si creano e si trasmettono significati; si pensi, per esempio, alle aree sacre e santuari, luoghi scelti per le loro caratteristiche ambientali dove azioni di condizionamento e adattamento dell’ambiente stesso crearono nuove dimensioni del paesaggio spesso contornato da un alone di mistero.

Uso della groma


Tra i documenti dell’azione di trasformazione dell’ambiente e della creazione di nuovi paesaggi che l’archeologia permette di riconoscere vanno certamente annoverate le divisioni agrarie messe in atto dal potere centrale di Roma nei territori conquistati in Italia e nel resto dell’impero.
La centuriazione, basata sul rispetto della regola geometrica, con il suo reticolo di strade, fossati, filari di alberi o ville rustiche ha determinato un aspetto del territorio che costituisce ancora oggi parte del paesaggio che ci circonda e che percepiamo come nostro.
I gromatici o agrimensori tracciavano sul terreno assi ortogonali (cardini e decumani), per dividere i terreni che dovevano essere assegnati a coloni romani, con l’aiuto della groma, uno strumento costituito da due bracci uguali perpendicolari fra loro, imperniati su un’asta infissa nel terreno e portanti a ogni estremità un filo a piombo.

Sesto Giulio Frontino, agrimensore del I sec. d.C., scrive: “… misuriamo un campo mediante linee rette fintantoché la posizione del luogo lo permette. La molteplice natura dei luoghi non permette che dappertutto questo metodo sia applicato nello stesso modo, poiché in un luogo vi possono essere frapposti monti, in altri un fiume o delle sponde o una qualche voragine del suolo franoso, con le molteplici irregolarità dei luoghi scoscesi, e per tutte queste cose bisogna ricorrere massimamente alla ricchezza della professione. Infatti, qualsiasi parte del luogo anche la più piccola deve essere padroneggiata dall’agrimensore ed essere compresa secondo quanto richiesto da ciascuna con la ragione degli angoli retti.”

Paesaggio centuriato- La città di Minturno e la divisione agraria


La fiducia in queste considerazioni del Gromatico Frontino sulla capacità dell’agrimensore di governare, con lo stesso rigore, le diverse forme della terra sono state alla base di un lavoro di tutela e ricerca, finalizzato alla ricostruzione delle diverse forme di uso di un territorio, estremamente complesso dal punto di vista geomorfologico, appartenuto all’antica città di Volcei.
Nell’area oggetto del nostro interesse, la bassa valle del Tanagro e alta valle del Sele, che fu territorio dell’antica città di Volcei, l’andamento impervio dei versanti collinari, i profondi valloni, i torrenti e i ridotti spazi vallivi, stretti tra il massiccio dell’Alburno e il complesso del Monte Marzano-Monte Ogna, condizionarono l’azione degli agrimensori che, nel “riportare ogni cosa alla ragione dell’angolo retto”, disegnarono un paesaggio nuovo, ma espressione di un profondo rispetto dell’ambiente in cui si calava.

Museo Archeologico di Volcei – Cippo centuriale di Auletta


L’archeologia dei paesaggi che può essere definita come lo «studio archeologico del rapporto tra le persone e l’ambiente nell’antichità, e dei rapporti tra la gente e la gente nel contesto dell’ambiente in cui abitava» (G. Barker, L’archeologia del paesaggio italiano: nuovi orientamenti e recenti esperienze, in “Archeologia Medievale”, XIII, 1986, p. 7), si configura oggi come una disciplina rivelatrice di paesaggi con le moderne tecniche sviluppate negli ultimi decenni, quali i sistemi di ricognizioni sul terreno, la fotointerpretazione, o il telerilevamento con sonar e radar.
Il compito dell’archeologia dei paesaggi è riconoscere gli elementi che hanno concorso a formare ogni singolo paesaggio storico; valutare inoltre quanto oggi ne rimanga e in quali condizioni di conservazione e fruibilità, quali relazioni eventualmente sussistano con gli altri paesaggi che storicamente hanno agito sullo stesso territorio; e quanto questo processo sia presente alla coscienza della comunità residente.

Caggiano- Asse centuriale


La speranza è quella di contribuire alla comprensione del concetto di territorio come “patrimonio diffuso” e alla conoscenza dei suoi valori al fine di aiutare le comunità locali a “riconoscere il paesaggio quale componente essenziale dell’ambiente di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro patrimonio comune culturale e naturale e fondamento della loro identità” (Convenzione Europea per il paesaggio Art.5) affinché le comunità possano indirizzare le loro scelte verso una gestione ed un uso sostenibile del paesaggio che ne permetta la tutela e conservazione.
Toccherà poi ai decisori della programmazione territoriale utilizzare tutte le informazioni per delineare le condizioni di uno sviluppo territoriale sostenibile che migliori la qualità della vita delle popolazioni.

Adele Lagi.

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