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L’isola di Lemno e la questione etrusca

Lemno è una grande isola dell’Egeo nord-orientale, non molto lontana da Cuma Eolica, dominata da molti golfi che fungevano da approdo, e collocata in un settore di territorio a cui rinvia il nome dei Tirrenoi.
Rintracciata già nell’ambito della tradizione dei Pelasgi, che secondo quel settore che segue tale tradizione vivevano lì, un’altra tradizione riconosce a Lemno anche i Tirrenoi.

L’isola inoltre possiede una grande tradizione mitologica, in quanto identificata come l’isola di Efesto: l’associazione nasce in quanto, secondo la tradizione antica, Lemno è un’isola miniera, dedita al lavoro dei metalli e per questo ai margini a causa dal cattivo odore.

 

A Lemno nell’800 è stata scoperta una stele iscritta, detta Kaminìa, fuori contesto e rimpiegata, datata alla seconda metà del VI sec. a.C. e con almeno due fasi di uso. Questa presenta due iscrizioni che fin dalla scoperta sono state avvicinate all’etrusco: entrambe sono incise sulla fronte e sullo spessore, attribuibili a due mani diverse e dedicate ad un certo Olaios.

Oltre alle iscrizioni sulla stele vi è anche l’immagine di un guerriero decentrato il quale non rientra per intero nella parte superstite; da questa figura è partito il lavoro di Vincenzo Bellelli che è giunto ad ipotizzare che la stele non fosse stata utilizzata fin da subito come stele funebre ma che facesse parte di una decorazione, più in particolare che questa fosse una lastra di un fregio che andava a decorare la parete o il basamento di un palazzo. Un documento molto importante che emerge in un’isola dove la tradizione colloca i Tirreni e che crea così una suggestione molto forte.

 

A questo, di recente, se n’è aggiunto un altro: da uno scavo dell’Eforia di Lemno, al di sotto delle strutture ellenistiche del teatro di Efestia, è stata scoperta la base di un donario di età arcaica iscritto con lo stesso tipo di alfabeto della stele di Kaminia.
Anche per questo Carlo De Simone, ha sottolineato come l’alfabeto e la morfologia delle iscrizioni richiamino l’etrusco. Ciò permette, quindi, di riconoscere a Lemno l’emergere di un alfabeto e di un’altra lingua comparabile all’etrusco.

Come si può spiegare tutto ciò?

I documenti finora illustrati ci rimandano alla seconda metà del VI sec. a.C., sono sì antichi ma molto recenti rispetto ai primi esempi di iscrizioni etrusche che si datano al passaggio tra VIII e VII sec. a.C.
C’è quindi un enorme gap cronologico da colmare e che De Simone, attraverso una serie di articoli, ha tentato di spiegare. Lo studioso, infatti, ha un duplice merito: uno di tipo scientifico in quanto ha confermato per la prima volta, e scientificamente, il rapporto tra le iscrizioni di Lemno e l’etrusco e l’altro merito è invece relativo al fatto che egli ha evidenziato e confermato come l’etrusco di Lemno non abbia confronti altrove e con nessuna lingua dell’Oriente finora conosciuta. Partendo da un dato linguistico è giunto così a formulare la sua ipotesi secondo la quale i due testi presentano un etrusco morfologicamente più antico di quello italico, una sorta di variante arcaica giunta sull’isola grazie a marinai/pirati di origine etrusca approdati lì al passaggio tra IX-VIII sec.

Vi è però un problema archeologico: uno degli scavatori di Lemno, l’archeologo italiano Luigi Beschi, criticò fortemente  l’ipotesi di De Simone in quanto, secondo lui, mancano totalmente tracce di cultura materiali relative gli etruschi. Infatti, se vi fosse stata una presenza etrusca di sicuro vi sarebbe stata una acquisizione altrettanto stabile dell’alfabeto e della cultura etrusca e di conseguenza vi sarebbero state anche tracce materiali. Di contro, è anche vero, però, che non tutta Lemno è stata scavata, nella sua estensione. Oltre l’ipotesi di De Simone ce n’è un’altra, quella di Agostiniani che concorda con De Simone che l’etrusco di Lemno è una variante di quello italico.
Dibattito avvincente a cui, tutt’oggi, non si è ancora riusciti a giungere ad una conclusione. Ne avete mai sentito parlare?

Martina Pico

 

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