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Una donna aristocratica

Museo Archeologico di Volcei. Sala da banchetto dal santuario di Santo Stefano.

Dall’alto del colle di Volcei si vedeva in lontananza il mare di Paestum e facile era il collegamento con la valle del Sele, lungo il quale in una giornata di cammino si poteva arrivare all’antica colonia achea.
La fama della città greca e la gloria dei suoi santuari doveva aver esercitato una grande attrazione sugli abitanti di Volcei fin dall’età arcaica, tanto che dagli inizi del V sec. a.C. un tempio, con basamento di tipo greco in blocchi squadrati di pietra locale, conservato in località Le Raie fu il luogo di culto di una divinità femminile che i doni votivi rappresentano seduta in trono o con l’alto copricato detto polos. Si tratta sicuramente di Hera come testimonia un un’ara votiva di età romana con dedica a Giunone.
Dalla metà del IV sec. a. C. godono di gran prestigio presso gli aristocratici Volceiani i vasi prodotti dagli artigiani greci dell’officina di Assteas e di Python.
La presenza di ben tre vasi firmati da Assteas a Volcei, tra cui il famoso cratere con la parodia della scena di violenza su Cassandra da parte di Aiace Oileo nell’ultima notte di Troia, testimonia del gusto degli acquirenti volceiani, in particolare dei membri della famiglia alla cui necropoli era riservata uno spazio nell’area sacra di S. Stefano.
Di questa grande famiglia, che dall’età arcaica (VII-VI sec. A. C.) si era insediata alle pendici nord del colle che ospiterà la città dalla fine del IV sec. a.C., fanno parte personaggi noti da ricche sepolture e tra loro spicca una donna, forse l’ultimo rappresentante della famiglia.

Le sepolture dei membri del gruppo familiare erano poste all’interno di un complesso santuariale, organizzato su tre terrazze destinate a culti diversi legati alla presenza dell’acqua. Femminile, con aspetti inferi, in quella inferiore, maschile, forse Heracle, nella terrazza superiore.
In questa terrazza un accesso colonnato dava su una corte centrale porticata, la vera e propria area sacra, in cui erano un pozzo ed un altare. Affiancavano l’ingresso monumentale due ambienti quadrangolari dalle identiche dimensioni uno solo ben conservato. Per i caratteri architettonici e l’apparato decorativo, uno splendido mosaico pavimentale con tecnica mista e rivestimenti parietali con paraste e capitelli ionici in stucchi policromi, permette di identificarli come sale destinate al rituale del banchetto e del simposio.

Lo stretto rapporto tra santuario e necropoli gentilizia esalta il ruolo politicamente emergente del gruppo gentilizio che presiede al santuario anche attraverso il riferimento alla pratica dei banchetti funebri, mutuata dal mondo greco.
Le sepolture a fossa della terrazza superiore sono organizzate attorno ad una tomba a camera (T. 104), che conserva scarsi resti di pitture di tipo pestano.

La tomba a camera ospitava, verosimilmente, il capofamiglia e doveva contenere un corredo funerario molto complesso con elementi di grande pregio. Da questa, violata in antico, provengono i resti di vasi figurati quali una lekythos firmata da Assteas o i frammenti del vaso attribuibile al pittore apulo detto “della nascita di Dioniso” con scena del supplizio di Issione. Non meno ricco era il corredo metallico con uno stamnos di cui resta un ansa con appliques figurate o il vaso cui apparteneva l’ansa mobile con busto di sirena.

L’elemento più rilevante del corredo è il carro, testimoniato da frammenti di ferro, pertinenti alla struttura delle ruote e al terminale dell’asse e da minuti resti di lamine di bronzo decorate a sbalzo.
Non meno ricchi appaiono i corredi degli altri membri della famiglia come quello della tomba 110 che presenta oltre a vasi a figure rosse della bottega di Assteas- Pithon anche alcuni vasi di un pittore, finora ignoto, di area lucana.

La tomba 120 bis conteneva, invece, un cratere, non ricomponibile firmato da Assteas, un’anfora attribuibile alla mano di Pithon, e vasi della stessa officina, oltre ad armi e cinturoni in bronzo, così come la tomba 168.

Museo Archeologico di Volcei. Tomba degli ori – Coppa in argento decorata in oro.

La tomba femminile 169, il cui corredo è in gran parte perduto, conserva una splendida hydria attribuibile alla mano di Assteas insieme con un braccialetto d’argento con teste di serpente.
Notevole è il corredo della tomba 156 per la presenza dei resti di una cassetta che conteneva strumenti chirurgici, documentando così la presenza di medici probabilmente legati alla valenza salutifera dell’area sacra.

Museo Archeologico di Volcei. Tomba degli ori – orecchini /fermatrecce.

I corredi funerari testimoniano la progressiva adozione di modi di comportamento e rituali di tipo aristocratico mediati dall’ambiente greco delle città coloniali.
La guerra, la caccia la palestra quali attività legate all’ideale di vita aristocratica sono ampiamente rappresentate, a partire dalla metà del IV sec. a. C., dalla comparsa nei corredi funerari di elementi della panoplia quali corazze e cinturoni in bronzo, spiedi rituali in piombo, alabastra e strigli.
Vasi quali kylikes, skyphoi, coppe, tazze e crateri testimoniano la rilevanza che assumono il banchetto e il simposio quale momento di riconoscimento e celebrazione della compagine aristocratica.
Test scientifici (DNA), recentemente eseguiti sui resti ossei dei defunti, confermano i legami parentelari tra i membri di questa famiglia ,a quanto sembra in questa fase iniziale della ricerca, trasmessi in linea materna.

Museo Archeologico di Volcei. Tomba degli ori – collana con fibule.

Museo Archeologico di Volcei. Tomba degli ori – bracciale

A questo mondo aristocratico appartiene la signora degli ori, l’ultimo rappresentante di una tra le famiglie più potenti di Volcei, cui si deve la fondazione della città sullo finire del IV sec. a.C, data di poco lontana da quella (fine IV –inizi III sec a. C.) in cui si può collocare la sua deposizione funebre, posta nella terrazza inferiore del santuario, nei pressi dell’area destinata al culto femminile delle acque.

Museo Archeologico di Volcei. Tomba degli ori – candelabro

Questa tomba, distrutta da una frana si salvò dalla depredazione antica e ci ha restituito un corredo di particolare valore sia per la bellezza degli oggetti sia per i dati storici che essi ci trasmettono.

Morta all’età di circa venticinque anni, la Signora fu seppellita con tutti gli oggetti rappresentativi del suo status di donna aristocratica, lo specchio, i monili, la corona, gli strumenti d’argento per il trucco con la paletta e la conchiglia per il bistro ed un piccolo peso da telaio in terracotta, simbolo del filare e del tessere la lana, fulcro della funzione sociale della donna, perno della casa e della famiglia e il lebes gamicos, il vaso più strettamente legato al rituale del matrimonio.

Ma, accanto a questi una serie di oggetti, tipici del mondo maschile, strumenti del banchetto: un bacile per lavare le mani, la coppa, il candelabro di bronzo, di fabbrica etrusca, che illuminava le klinai e le mense, l’olpe con il colino per il vino, delineano l’immagine una figura femminile complessa che non aveva, disdegnato di apparire quasi un’”Etrusca”, presente nei banchetti degli uomini, senza perdere tuttavia i caratteri della tradizione aristocratica.

Tra le due sfere, maschile e femminile, si pongono alcuni oggetti propri del mondo della palestra. Sappiamo che le donne greche di alcune città non disdegnavano di cimentarsi negli esercizi sportivi, ed è nota la presenza di strigili in sepolture femminili tarantine, così possiamo immaginare che anche la nostra Signora abbia adoperato lo strigile e l’unguentario d’argento per versare e detergersi degli oli della lotta e della corsa.

Museo Archeologico di Volcei. Tomba degli ori – Set di strumenti per il trucco.

Una donna singolare, senza dubbio, la cui personalità multiforme si concretizzava in una funzione speciale nel santuario dove fu posta la sua tomba, non lontano da quelle dei suoi avi, sacerdotessa di un culto delle acque legato al mondo degli inferi come testimonia la presenza, tra le offerte, di un melograno carbonizzato.

Adele Lagi

 

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