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IL PALAZZO DI MURLO

 

Non tutta l’Etruria conosce le città, ma vi sono settori che conoscono invece altre strutture come quelle dei palazzi.
Uno dei più importanti è quello di Murlo, che sorge in una posizione cruciale (lungo il fiume Ombrone), allo snodo di vie da attraversare per raggiungere l’interno della Toscana.

La storia di Murlo comincia intorno al VII sec. a.C., con la costruzione di una prima serie di edifici e di un palazzo, all’inizio del VI sec. a.C. di dimensioni imponenti, con più piani e articolato attorno ad un cortile centrale quadrangolare. Lungo il lato privo di portico era forse ubicato lo spazio pubblico del palazzo: un grande ambiente aperto posto al centro, affiancato da altre piccole camere, in cui il signore svolgeva le sue attività pubbliche, riceveva i clienti e si radunava con i suoi collaboratori. In corrispondenza di queste camere si trovava un piccolo ambiente, forse un sacello o un recinto destinato al culto.

Se fosse così si potrebbe affermare che il padrone del palazzo aveva nello stesso tempo sia un potere politico che religioso. Un sistema arcaico di autosufficienza, la cui organizzazione dipendeva dalla mancanza del modello della città. Il palazzo, era anche il luogo in cui venivano custoditi i prodotti della terra e quelli degli artigiani che lavoravano per il signore.

La cosa più straordinaria è il bellissimo apparato decorativo emerso, di cui fanno parte sime modanate con gocciolatoi modellati a mano, antefisse a testa di Gorgone, ma soprattutto una serie di lastre di rivestimento in terracotta che correva lungo la trabeazione orizzontale del portico, lavorate a stampo con rilievo molto basso, che rappresentavano:

-Una corsa agonistica di cavalli montati da giovani fantini con grande lebete su podio che funge sia da meta che da premio per il vincitore;

-Un corteo nuziale composto da una donna e da un uomo su un calesse trainato da cavallo, preceduto da due donne con strumenti di sacrificio e seguito da altre due donne che trasportano oggetti tipici della sfera del matrimonio e destinati alla cura della sposa;

– Scena di banchetto o simposio;

– Scena di consesso, che rappresenta la famiglia nel suo insieme: una figura femminile, seduta sul trono, nell’atto di svelarsi, preceduta da una in piedi con lancia e spada e da un’altra figura di anziano con barba e liuto.

Ci troviamo di fronte ad un programma iconografico utilizzato per esaltare l’ideologia della famiglia ed il ruolo aristocratico del suo capo, esibito attraverso la rappresentazione delle diverse classi di età e dei generi del gruppo.
Nello specifico la scena di consesso viene letta come una assemblea familiare. Lo sgabello e il trono, la barba del signore che lo rappresenta come un anziano saggio dotato di liuto, la lancia con la spada del sacrificio sono tutti attributi che caratterizzano le divinità, quindi si tratterebbe dell’Iconografia del Signore degli Dei.
La decorazione interessava anche i culmini dei tetti delle quattro ali del palazzo con una serie di acroteri plastici, e raffiguravano sfingi, animali feroci, personaggi sia maschili che femminili, seduti in trono con i piedi su uno sgabello o in corsa: modellati a mano e poi cotti, si tratta di figure di anziano, con le braccia poggiate sulle gambe e le mani portate avanti e racchiuse per reggere uno strumento (forse un lituo?). Gli stilemi che predominano sono quelli propri dell’artigianato orientale, mentre particolare è il copricapo simile ad un sombrero, tipico dei pastori.
Si tratterebbe dell’antenato della famiglia che con il suo sguardo rivolto verso il cortile protegge la famiglia e l’abitazione: è una esibizione della genealogia come grande strumento di potere.

Martina Pico.

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