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Sibilla Aleramo, Una donna

 


In linea con le tendenze editoriali di questo mese, non ho avuto dubbi che la scelta ricadesse su di un’autrice, il problema mi si è posto quando ho dovuto selezionare tra i volumi letti, riletti, chiosati, che affollano gli scaffali della mia libreria personale. Dare priorità alla saggistica, alla narrativa, alla poesia? Cogliere l’occasione per ricordare Grazia Deledda, unica donna italiana ad aver vinto il Nobel per la letteratura? Celebrare la sensibilità di una delle più grandi poetesse del nostro tempo, Alda Merini? Condividere con voi una delle mie ultime letture, “Invisibili”, un saggio di Caroline Criado Perez che, dati alla mano, evidenzia “come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo”? La decisione è ardua. Poi, però, come sempre, mi lascio guidare dalle emozioni del momento, rassicurata dall’idea che avrò del tempo (sperando che intanto non vi siate annoiati a leggermi!) per presentarvi tutte le mie compagnie letterarie. E quindi, seguendo il “non criterio” delle mie vibrazioni, mi sono ritrovata tra le mani un libro dalle pagine ingiallite e sottolineate, con note a margine che sono lì a testimoniare la lettura e rilettura, in momenti diversi della mia vita.“Una donna”, opera pubblicata nel 1906 da Sibilla Aleramo, pseudonimo della scrittrice Rita Faccio, è un libro quanto mai attuale e moderno, che offre molteplici prospettive di lettura, che si intersecano e si completano vicendevolmente. Una delle prime chiavi di lettura è la narrazione autobiografica: la protagonista narra, in prima persona, fatti, eventi ma anche le ansie e le frustrazioni che una donna “pensante” vive a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.

Non si tratta però di un memoriale, nonostante alcune pagine riportano episodi che si potrebbero definire cronachistici, perché la scrittura è tale da far sì che anche le vicende autobiografiche non abbiano il sapore dei freddi documenti di cronaca ma diventino lo specchio in cui si riflette un’epoca, una realtà sociale osservata con occhio vigile e critico. Si oltrepassa, quindi, il piano meramente autobiografico in quanto ciò che accade all’interno delle dinamiche familiari della protagonista offre occasione per riflettere sui problemi della società italiana del tempo.

Sin dalla sua pubblicazione, il romanzo è stato etichettato come “femminista” e questo ha contribuito a decretarne il successo immediato e la traduzione in molteplici lingue. Non dimentichiamo il periodo in cui fu pubblicato, un’epoca in cui l’emancipazione femminile non solo era questione attualissima, ma di cui ancora non erano delineate la forma, le fasi, le ideologie. Sibilla Aleramo propone un nuovo modello sociale basato sulla partecipazione ideale alla costruzione di un mondo che sia diverso per l’umanità tutta, quindi sia per le donne che per gli uomini.

La solitudine è il fil rouge che attraversa tutte le pagine, le annoda e le addensa. La protagonista avverte il senso di vuoto dovuto all’incomprensione delle sue aspirazioni alla libertà intellettuale. Il bisogno prepotente di evadere, di conquistare la propria indipendenza è un altro volto della solitudine. Emerge l’isolamento morale della donna in una società i cui codici culturali non contemplavano null’altro che non fosse maternità, educazione dei figli, accudimento del coniuge.
“Ed all’orecchio mio si ripercuote, colta a volo, una frase: “…devo dire dunque che sei una civetta?…”
Mezz’ora dopo, in treno, tremavo ancora nel mio intimo incapace di formulare un biasimo pel babbo, una discolpa per la mamma, e m’avvidi tra la penombra, che sul volto di questa, inclinata verso lo sportello, scorrevano delle lagrime.”

“Trovai in un libro una causa di salvezza”, dice la protagonista, mettendo in risalto una delle convinzioni, attualissima, della Aleramo: la cultura quale strumento necessario per individuare il proprio destino.
Scrive Maria Corti: “Una donna data il romanzo femminista italiano: è un libro che ha delle ingenuità, ma è percorso da una vena etico-lirica che conquista. Mentre i libri delle femministe d’oggi, proprio perché più razionali, danno spesso una sensazione di sazietà al lettore che si sente oggetto di una funzione didattica e rozzamente ideologizzata, messa in luce da uno stile femminista da prime della classe, la Aleramo, non avendo mai perso quelle che sono le qualità positive della donna, ha scelto di istinto una via attraversata anche da fantasmi della narrazione, affidando proprio ad essi il suo messaggio”.

Scrittrice, poetessa, giornalista, Sibilla Aleramo è stata troppo a lungo vittima di una cultura maschilista che l’ha ricordata quasi esclusivamente per le sue relazioni sentimentali (ahimè, anche nelle più recenti letterature viene menzionata per il tormentato legame con Dino Campana!). “Una donna”, libro che oggi arricchisce il catalogo Feltrinelli, contiene una visione universale dell’amore, che desidero in chiusa condividere con voi, che l’autrice chiama la “fede nell’amore” verso l’umanità, come molla etica di trasformazione vera del mondo. A distanza di più di un secolo il messaggio di Sibilla Aleramo rimbomba inascoltato!

Annamaria Petolicchio.

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