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Le Defixiones greche e il malocchio cilentano


Quante volte parlando con i nostri nonni abbiamo sentito la frase “ti hanno preso all’occhio”?

Bene, sappiate che queste credenze nascono in tempi più antichi, e possono essere collegate al mondo greco, con le cosiddette DEFIXIONES, ovvero delle maledizioni che si sono tramandate, se pur in maniera differente, fino ai nostri giorni e nella civiltà moderna.

Il termine defixiones viene utilizzato per indicare alcune tipiche maledizioni di carattere privato o contro gli autori di un crimine già commesso, o contro coloro che stanno per commetterlo.
Questi testi, appartengono ad un ambiente sociale poco elevato, infatti oscillano fra religione e superstizione. Sono incise su lamine di piombo, o anche su figurine che rappresentano i nemici. Il piombo, con il suo colore scuro, si intonava bene agli auguri funesti.

In svariate parti del mondo sono venute alla luce queste defixiones, ma le più antiche provengono dal santuario della Malophoros di Selinunte. Sono quasi sempre in prosa, e lo scopo essenziale era quello di paralizzare la persona odiata in ogni manifestazione della sua vita, facendo sì che morisse prima dei suoi giorni.


I luoghi preferiti sono i santuari delle divinità infere, o i pozzi, o ancora le sorgenti, ma soprattutto i sepolcri, con particolare attenzione ai sepolcri di coloro che erano periti per morte prematura o violenta. Si riteneva infatti che le anime inquiete di questi defunti avrebbero potuto meglio di altre dar fastidio ai nemici.
Vi erano anche terminologie specifiche utilizzate per scrivere queste maledizioni, e fra di esse veniva particolarmente usato il verbo “defigere” che significa appunto “inchiodare”. Ovviamente l’efficacia della maledizione poteva essere accresciuta aggiungendo al testo parole e simboli magici.

I motivi che davano origine a queste defixiones erano i più svariati, come ad esempio: inimicizie per motivi giudiziari, ira contro i ladri, gelosia in amore, rivalità nelle gare.
Fra le più antiche defixiones vi è una proveniente da Morgantina, iscritta in dialetto dorico che dice:

“Ge, Ermete, dei inferi, accogliete Venusta (figlia) di Rufo, la serva”.

In questo caso l’augurio malefico consiste semplicemente nella preghiera, rivolta alle divinità degli inferi di accogliere la donna odiata, cioè di farla morire.
Mi raccomando quindi, la prossima volta che vorrete infliggere qualche maledizione, prendete spunto dagli antichi greci, loro sì che ci sapevano fare!

Martina Pico

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