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“La forma dei nostri luoghi”: Comunità di eredità per la tutela del Patrimonio diffuso.

“Il patrimonio diffuso è la forma dei nostri luoghi, è un’indivisibile fusione tra arte e ambiente, è un tessuto continuo di chiese, palazzi, strade, paesaggio, piazze. Non una specie di contenitore per ‘capolavori assoluti’, ma proprio il contrario, e cioè la rete che congiunge tante opere squisitamente relative, e che hanno davvero un significato (artistico, storico, etico, civile) solo se rimangono inserite in quella rete. Il paesaggio e il patrimonio sono dunque un’unica cosa: e sono l’Italia, della quale costituiscono, inscindibilmente, il territorio e l’identità culturale.”
Così Tomaso Montanari in un suo saggio(Costituzione Italiana: Articolo 9, Carocci Editore 2018)definisce il patrimonio diffuso che caratterizza il nostro territorio nazionale.

Il patrimonio diffuso è dunque un insieme di beni tangibili ed intangibili, di oggetti, di sensazioni e pensieri che costituiscono le nostre radici e sono posti alla base del nostro vivere civile.
Non tanto e non solo “capolavori” ma piuttosto beni aventi un carattere identitario, capaci di trasmettere i valori e le memorie che costituiscono le radici più profonde di una comunità. Per questo il patrimonio culturale è inscindibile dal contesto territoriale cui appartiene, di cui costituisce la forma distintiva in cui la comunità stessa si riconosce e si rappresenta.

Ciò che definiamo Patrimonio è dunque il lascito del passato, inteso sia in senso concreto e materiale sia in senso astratto e immateriale comprendendo anche relazioni e percezioni che appartengono al presente. Esso rappresenta in sintesi la continuità tra passato, presente e futuro di un luogo.

Il Patrimonio dell’umanità è tutelato dall’UNESCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, istituita a Parigi 4 novembre 1946 al fine di promuovere la pace tra i popoli attraverso la cultura, l’istruzione e la scienza. L’organizzazione  tutela, con l’iscrizione nelle proprie liste, il patrimonio culturale e naturale e il patrimonio culturale immateriale e intangibile con due diverse convenzioni; la prima sottoscritta dagli stati membri a Parigi nel 1972 e la seconda, firmata anch’essa a Parigi il 17 ottobre 2003.
Il patrimonio culturale e naturale rappresenta l’identità dei popoli e l’eredità materiale del passato da trasmettere alle generazioni future. Esso possiede i caratteri di ”eccezionale valore universale”, da tutti riconoscibili, indipendentemente dalla sua collocazione geografica.

Il patrimonio immateriale è descritto, all’articolo 2 della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, come “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale”.

Nel loro insieme le due convenzioni abbracciano quello che il mondo anglosassone definisce Heritage, il latino patrimonio, che, pur nelle diverse sfumature dei termini, designa il lascito del passato, inteso sia in senso concreto e materiale sia in senso astratto e immateriale comprendendo anche relazioni e percezioni che appartengono al presente. Esso rappresenta in sintesi la continuità tra passato, presente e futuro di un luogo.

Sul concetto di lascito culturale si sviluppa la Convenzione-Quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, adottata a Faro il 27 ottobre 2005, che riconosce il patrimonio culturale come “insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione”, ma che, soprattutto definisce il concetto di “comunità di eredità”, intesa come “insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future”.(Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, art. 2a.)

Il legame tra patrimonio culturale e “comunità di valori” assume una importante valenza sociale costituendo lo strumento con cui le comunità creano, attraverso la comune eredità culturale, un senso civico di appartenenza e responsabilità.
Ciò non solo, come dichiarato nel preambolo della stessa Convenzione di Faro, pone “le persone e i valori umani al centro di una concezione allargata e interdisciplinare del patrimonio culturale”, ma si configura come stimolo per i decisori politici a sostenere e promuovere la conoscenza dei valori del patrimonio come base del rispetto del diritto di tutta la comunità di prendere parte alla vita culturale.

La Convenzione infatti riconoscendo “il diritto di ognuno di fruire e tutelare liberamente il patrimonio culturale, rispettando i diritti e le libertà degli altri”, richiama espressamente le autorità pubbliche a stabilire “misure volte a migliorare l’accesso al patrimonio culturale, specialmente tra i giovani e le fasce svantaggiate della popolazione, per sensibilizzare riguardo il suo valore, la necessità di conservarlo e promuoverlo e i benefici che da esso possono derivare” (Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, art.) e a “promuovere un contesto economico e sociale che favorisca la partecipazione culturale”.(Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, art. 5)

Si delinea, così, una definizione ampia di patrimonio culturale non più circoscritta ai beni artistici e storici, ma estesa ai valori, credenze, saperi, tradizioni e a ” tutti gli aspetti dell’ambiente derivati dall’interazione nel tempo fra le persone e i luoghi.”


Fondamentale elemento di novità è rappresentato dal ruolo di primo piano assegnato alle persone, le quali divengono protagoniste nell’individuazione delle “risorse ereditate dal passato”. Come è stato in molte sedi evidenziato la Convenzione di Faro capovolge la nostra tradizionale prospettiva di identificazione di ciò che riveste interesse culturale che avviene anche attraverso l’attività delle popolazioni e non più solo delle Amministrazioni dello Stato deputate alla tutela.
Introducendo il concetto di “partecipazione attiva dei cittadini alle politiche culturali, per l’esercizio dei diritti individuali connessi allo sviluppo del patrimonio culturale e per la promozione della diversità culturale” la Convenzione di Faro muta anche la prospettiva della conservazione del patrimonio culturale non più finalizzata esclusivamente a preservarne il valore scientifico, ma tesa invece a farne motore di sviluppo sostenibile e di una nuova qualità della vita di un territorio.

Se il patrimonio diffuso è “la forma dei nostri luoghi” e se i cittadini possono partecipare attivamente alla tutela e promozione della propria eredità culturale, allora dall’esperienza del nostro luogo, che non è costituito soltanto da uno spazio misurabile, ma anche e, forse, soprattutto dalle sensazioni e dalle immagini che evoca, attraverso la percezione e la comprensione del suoi valori, potremo in quanto “comunità di eredità” generare la possibilità di rievocare esperienze vissute o immaginarne di nuove.

Adele Lagi

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Una risposta

  1. Clara Rania ha detto:

    Le memorie riportate dagli anziani ci aiutano a definire nel presente le motivazioni di difficili giustifiche rasserenanti. La conoscenza diventa un percorso inesauribile di piacere.

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