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La palla al balzo: allo stadio con Alfonso Gatto

Archiviata la querelle tra la Società Calcio Napoli e la FIGC, che ha dato pane ai tanti esperti di diritto societario che affollano il mondo del web, con la nomina di Luciano Spalletti come allenatore della Nazionale di Calcio Italiana, si dà il via, oggi, al campionato di calcio di Serie A.

Tranquilli, cari lettori, la pausa estiva non ha portato nessuna variazione al palinsesto redazionale, né cambi arditi di rubriche. Continueremo a curiosare insieme tra gli scaffali della mia biblioteca, e, per l’occasione, cogliendo “la palla al balzo”, ho pensato di portarvi con me allo stadio, anzi, per essere più precisi, negli stadi, in compagnia di un cronista di eccezione: Alfonso Gatto.

“La palla al balzo. Un poeta allo stadio”, volume curato da Filippo Trotta, nipote del poeta, e edito da Limina, raccoglie i più recenti scritti di Gatto per il quotidiano “Il Giornale” fondato da Indro Montanelli. Sono articoli sul calcio, che evidenziano, come sottolinea magistralmente Gianni Mura nella prefazione, la distanza dagli articoli sul ciclismo, apparsi sulle pagine sportive dell’“Unità”. Sono cambiati i tempi, sono cambiati i “media”: ai tempi del Giro, del Tour la televisione non c’era; quando Gatto scrive i suoi articoli “calcistici” la TV è già onnipresente. Scrive Mura: “La differenza tra i due Gatto, il “ciclista” e il “calciatore” non sta solo negli anni trascorsi, ma nel differente modo di vivere e narrare lo sport. Al Giro o al Tour, Gatto era dentro la corsa, dentro quel paesone che ogni sera disfa le valigie e ogni mattina le rifà.[…]Dal calcio Gatto è fuori: può essere seduto in uno stadio o davanti alla tv ma per quanto s’immedesimi e parteggi sarà più spettatore che attore”.

E Alfonso Gatto parteggia per il Milan, stravede per Rivera ed è un tifoso accanito, tanto che si dice che nel suo studio troneggi una gigantografia del suo beniamino. Tutto il calcio di Gatto, poco meno di due campionati, una serie di riflessioni, divagazioni e apologhi.

Ma è anche un acuto osservatore dei mutamenti della società, uno strenuo difensore di valori e principi, un nostalgico estimatore del calcio che fu.

In una prosa leggera e accattivante, Alfonso Gatto traccia il contorno di un’epoca e di un calcio in trasformazione. E in ogni pagina emerge la grandezza lirica e la capacità critica di una delle maggiori personalità del Novecento. Attraverso la letteratura, Gatto racconta il Calcio senza perdere di vista la contemporaneità delle vicende dei vari campionati descritti, andando oltre la cronaca semplicistica della partita di “foot-ball”, dando costrutto alla propria critica dello status del Calcio Italiano come specchio della società.

Mi è difficile estrapolare delle parti, privilegiare un passo a discapito di un altro: ogni riga è densa e meriterebbe di essere riportata. Però vorrei darvi un assaggio della piacevolezza di questi scritti, farvi gustare l’attualità delle considerazioni del grande poeta, la sua ironia, l’amore per la sua terra…

“E’ la vecchia storia d’Italia ove la scuola è opposta alla vita, quale un mostro cartaceo che macera e macera carta con gli stracci delle toghe curiali, delle bandiere stinte che hanno servito la patria maiuscola, delle pezze d’appoggio usate per tappare i buchi della sfacciata ignoranza che fa bella mostra di sé. Vogliamo meravigliarci allora se lo sport da noi ha fatto la stessa strada delle carriere libertine che vanno a cercare nella scuola un salvacondotto d’indipendenza, che si ostinano a chiedere agli “studi regolari” persino il destro di farsene beffa? Da noi, la meraviglia è l’arte stessa di trovarci a vivere, senza sapere come e perché.” (17 luglio 1974, pp.3-4).

“Molti anni fa, a Firenze, tornavo dallo stadio con Palazzeschi. Lui mi disse: “Un soldato dev’essere per lo meno bello, un marinaio ancora più bello. E un portiere, un centrattacco, un’ala?”. “Angeli, angeli”, risposi con una parola che era stata già sua. “Arcangeli”, corresse. “E i brutti, che ne facciamo dei brutti?”, azzardai. “Tutti scrittori”, rispose e confermò. Ma te lo immagini un Papini, che altro farebbe se non facesse quel che fa? Tutte brutte smorfiacce come lui”.  (9 aprile 1975, p.121).

“Sono venuto a Salerno a risciacquare i miei panni nell’Irno. No, non ho sbagliato: l’Irno è l’Irno e l’Arno è l’Arno, e sulle rive del mio fiumicello natio che sbocca in mare ai confini della vecchia città, quasi a tener lontana la nuova che avanza arrogantemente lungo il mare, io ho appreso la mia bella lingua che non ha nulla per antica nobiltà da invidiare al toscano. E la parola “Irno” (basta aver letto, il Devoto) è parola che gli etruschi trovarono qui sul loro cammino. Poiché siamo in area sportiva, sono tenuto a dirvi che questo nome tenne a battesimo molti decenni fa una società di canottieri, la “Irno” appunto, e i loro armi che sempre si sono fatti onore. […] I vecchi fondatori della Salernitana, da Matteo Schiavone a Onesti, mai pensarono di dare alla propria squadra che andava nascendo il bel nome dell’Irno, ancora libero, credo, da altri impegni di battesimo. Ma era importante, forse, tenere alto il nome della città, dichiarandolo apertamente” (23 luglio 1975, pp.147-148).

“E’ tempo, forse, di dire che, più di ogni altro attore o scrittore o fantasista di sé medesimo, il giocatore di calcio sul campo ha un’età, un essere e un parere diversi da quelli che possono essergli attribuiti per nascita, per censo o per bagaglio di studi e d’ispirazione. Egli ha l’animo, gli anni e l’intelligenza del suo gioco: ed è veramente nata con lui e dentro di lui l’arte di far ragionare la palla, che sempre gli anticipa e gli ruba il tempo d’ogni altra meditazione” (28 febbraio 1976, p.216).

E’ l’ultimo articolo, datato 28 febbraio 1976. Gatto scrive del torneo di Viareggio, “una bella festa di matricole presentate allo spettacolo dalle più grandi università d’Europa” (p.216) e si sofferma su quella che chiama la “geografia del torneo”, immergendoci nella natura e nella storia della Toscana marina e appenninica. Una settimana dopo, un fatale e crudele destino lo strappa via da questa terra. Alfonso Gatto muore ad Orbetello in seguito ad un incidente stradale.

Annamaria Petolicchio

 

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